Più tardi il cameriere mi porta una fetta di torta al cioccolato e la mia rabbia, tra le chiacchiere con gli amici, si dissolve nel primo boccone dolce amaro. Chissà su quale piano vivono quelli intorno a me, chissà su quale piano mi sveglierò domani. Si vive comunque da soli al quinto piano. Credo di avere già perdonato tutti, anche quelli che mi sorridono e si ostinano a chiamarmi Sarotta, del resto chi non sa nulla della mia felicità è giusto che non conosca nemmeno il mio vero nome.
In attesa del tuo commento, cosa avrebbero detto loro?

Letto. Riletto. Confuso. Bene.

Questo racconto è un altro racconto che sogna di essere se stesso.

Gradevole, ma manca il marciume.

Troppo sincero per essere alla moda. E troppo breve per essere noioso.

Mi ha ricordato qualcosa che stavo per dire in analisi.