3.2 Sulle tracce di una stratificazione: da Mattia Pascal a David Locke.
Alla luce di quanto dicevamo introducendo questo capitolo, in relazione alla scelta di romanzi naturalisti come oggetto privilegiato di adattamenti cinematografici, possiamo osservare con una certa curiosità un caso particolare di stratificazione del soggetto.
La particolarità è costituita dall'adattamento cinematografico di un romanzo italiano da parte di un regista francese, e da un rifacimento successivo sempre francese. Il fatto che tale romanzo sia adattato per la prima volta proprio in Francia, prima ancora che in Italia, in qualche modo contraddice la norma. Ma non finisce qui.
Il romanzo di cui stiamo parlando è Il fu Mattia Pascal, scritto da Luigi Pirandello e pubblicato a puntate nel 1904 e successivamente in volume. Non si tratta di un romanzo qualunque: insieme a La coscienza di Zeno di Italo Svevo, quello di Pirandello è un romanzo destinato a mutare la sorte della letteratura del Novecento, soprattutto perché segna un netto stacco dal naturalismo. E pensare che i romanzi naturalisti sono sempre stati importanti per i cineasti proprio perché molto simili a dettagliatissime sceneggiature. Ejzenstejn, ad esempio, fonda molto del suo cinema proprio sulla lettura e sulla sapiente interpretazione dei romanzi di Zola, dei drammi di Dostoevskij ecc., e ne ricava un nutrito bagaglio con cui compila le numerose pagine dei suoi saggi più famosi. Ecco dunque spiegata la seconda particolarità che ci colpisce di questo adattamento francese.
Il fu Mattia Pascal frantuma gli schemi del romanzo naturalista perché sfida le regole della verosimiglianza. Non racconta una storia oggettiva di eventi e personaggi, ordinata secondo una linea cronologica, ma segue un'avventura del cervello, un movimento dell'immaginazione (24).
Si direbbe, a prima vista, un soggetto tutt'altro che adatto al cinema.
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