L'Herbier trasforma l' “avvenura del cervello” pirandelliana in un'avventura dell'occhio, e nel suo film finisce per prevalere la scenografia, eletta a luogo interiore, a proiezione degli stati d'animo.
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la casa di Mattia Pascal in special modo, con quelle prospettive forzate, fa convergere l'attenzione dello spettatore verso quel determinato punto dove il personaggio può essere anche immoto ma «centro» visivo di tutto l'ambiente. Si noti inoltre l'interno della cucina, con le linee del soffitto convergenti sulla madre e sulla figlia. Peraltro la scenografia contribuisce alla creazione dei personaggi. Le lunghe e striate imposte attraverso le quali penetra la luce diffusa, definiscono e forse un po’ facilmente compongono, la figura di Adriana[…]
(27).
Il questo modo il film di L'Herbier si insinua nel contesto più ampio delle tendenze che intorno al 1924 – anno di produzione del film – dominano il modo di fare cinema. E' in questo periodo che il surrealismo francese e l'espressionismo tedesco diventano terra fertile per le più interessanti ricerche scenografiche.
La scenografia acquista la coscienza precisa della propria mansione nella quadratura del film, perde le sue caratteristiche a volte bislacche e a volte retrograde per diventare un fattore determinato, forse il più importante, nella creazione del film come opera d'arte (28).
Tuttavia quest'uso della scenografia non può essere inteso come un allontanamento insanabile dai contenuti del soggetto pirandelliano. Il film di L'Herbier è muto, il che certamente è un enorme ostacolo alla resa efficiente del romanzo, il quale è tutto concentrato sul monologo interiore del protagonista.
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gli interni danno una atmosfera caratteristica e per niente anonima al film.
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