«Fatto sta che Mattia, invece di indugiare alla ricerca della propria identità autentica, si mette alacremente a sostituire la sua precedente carta di identità con una nuova» (35).
Lo stesso fa David Locke con il passaporto, ma prendendo i panni di un morto di cui è ben nota l'identità, ricca di un passato; un'identità assai diversa da quella labile di Adriano Meis, che rappresenta il riflesso di un anonimo cadavere e che fino all'ultimo stenta a trovare una propria definizione. In più Locke, dopo lo scambio d'identità e dopo un primo contatto con la realtà legata alla falsa vita del defunto Robinson, decide, proprio lui, di vivere “tra parentesi”, quasi seguendo il consiglio di Debenedetti, e lo fa fuggendo da tutto e da tutti; una fuga che finisce per insospettire Martin Knight (il produttore televisivo) e Rachel (la ragazza che Locke/Robinson conosce a Barcellona), e che costituisce la prima incrinatura sull'avvenire del protagonista.
Sia Mattia Pascal che David Locke giocano con il sacro. Mattia «ruba, se vogliamo, la pace a un morto per farsene la sua felicità di vivo, è moralmente uno spogliatore di cadaveri», proprio come David Locke. Però Mattia Pascal persevera in questa manipolazione del sacro, e lo fa anche quando genera figli per conto di altri, non rispettando poi «la sacralità del vincolo paterno»; lo fa, come dicevamo, rubando l'identità di un morto; lo fa “uccidendo” Adriano Meis; lo fa, infine, spaventando la famiglia, il paese, con la pseudo-resurrezione di Mattia Pascal.
Quello che succede a Mattia lo sappiamo: il sacro riprende il suo impero, il tabù violato esercita la sua punizione
[…]
. Dunque, la prima parte del romanzo, si potrebbe schematizzare così: una condizione di disponibilità rende possibile l'atto gratuito, l'atto gratuito si compie attraverso un'offesa, una dissacrazione del sacro commessa a scopi utilitari, il sacro si rivolta contro Mattia convertendo in malefizi i benefici che egli si era promesso (36).
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