Ci pare d'obbligo concludere proprio con una considerazione relativa a quei gruppi di remakes, abbondanti in Europa – e di cui abbiamo messo in luce diversi aspetti – «la cui fonte tematica è costituita da un grande romanzo, un testo teatrale classico, un personaggio mitico, un avvenimento storico memorabile». Il regista, in questi casi, può decidere di riferirsi direttamente al testo originale, evitando il confronto con un qualunque precedente adattamento.
[…]
L'autore stabilisce un rapporto privilegiato, stimolato più dal raffronto con la letteratura, il teatro, la storia e dal rapporto dei rispettivi meccanismi linguistici e narrativi con quelli più strettamente cinematografici, che dal confronto con i registi che lo hanno preceduto. E' preoccupato soprattutto che la trasposizione in immagini tradisca il meno possibile lo spirito dell'opera e non travisi i fatti o invece che riesca ad esercitare un controllo totale sulla materia riscritta e reinterpretata alla sua maniera ed assunta quale veicolo della propria poetica (38).
Tutte queste considerazioni generano una crisi della definizione di remake, come bene spiega ancora Alberto Castellano:
La sorgente ispiratrice rivendica insomma prepotentemente il suo diritto di precedenza assoluta su qualsiasi competizione filmica ed è quindi più pertinente parlare di “nuova versione” che di rifacimento vero e proprio, anche se chi si avventura in questo genere di operazione deve inevitabilmente prendere atto della versione o delle versioni già realizzate, non tanto nella fase successiva dei paragoni (su cui incombono i giudizi di critica e pubblico) quanto in quella preliminare di elaborazione del progetto. In tal senso questi film risultano anche dei remakes indiretti (39).
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