Il primo effetto di questi cambiamenti consiste nel ribaltamento della trama stockeriana, che prevede il trionfo del bene sul male; il secondo effetto si rivela nella frantumazione del clima ermetico che avvolge il film di Murnau. Nel finale romantico e sovversivo di Herzog, Nosferatu continua a vivere nel personaggio vampirizzato di Jonathan Harker, che fugge dalla città borghese di Wismar verso quello che Christian Metz potrebbe chiamare un “altrove primordiale”, affermando profeticamente: «Ho molto da fare» (15).
Questo è solo un esempio, che però ci avvisa di quanto sia approssimativa, se non inutile, la definizione di “remake filologico” attribuita al film di Herzog.
Eliminando gli originali frammenti di diario, che nel film di Murnau forniscono un resoconto sulla peste che assale la città di Wismar, Herzog omette ogni voce razionale dallo sviluppo del suo remake, e rimpiazza questi tagli col misterioso accompagnamento corale dei Popul Vuh (il gruppo musicale che realizza la colonna sonora del film). Allo stesso modo Herzog omette le letture scientifiche del dottor Van Helsing, eliminando drasticamente qualunque spiegazione oggettiva degli eventi irrazionali del film.
Le aggiunte di Herzog, invece, intervengono nella trasformazione del personaggio di Dracula in un essere più sensibile, e contribuiscono ad accrescere l'aspetto asfissiante e decadente della società di Wismar.
Mentre Murnau può suggerire la snervata e alienata esistenza del conte soltanto attraverso la performance di Schreck e con mirati tagli di montaggio, Herzog invece può avvalersi di un dialogo espressivo, intessuto con le parole affannate del vampiro, che testimoniano il tormento di secoli di dolore. Kinski parla in modo elaborato, come se prendesse fiato attraverso un respiratore.
E' noto, inoltre, che Herzog amplifica la rappresentazione della pestilenza importando milioni di topi da laboratorio e disperdendoli nelle strade.




