Un esempio calzante ci è fornito da un gruppo di film nati dall’adattamento del best-seller The Wonderful Wizard of Oz (1900) di L. Frank Baum.
La prima cosa da notare è che si tratta di una fiaba, e che forse lo scopo non è tanto creare una pellicola destinata ad un pubblico infantile, quanto selezionare una storia che sia ampiamente disponibile ad un connubio con le esigenze del musical.
La prima versione cinematografica di The Wonderful Wizard of Oz è realizzata da Larry Semon nel 1925, quindi poco prima dell’avvento del sonoro. È l’epoca in cui le fiabe sono ancora in bianconero, e i genitori leggono le didascalie e le sussurrano all’orecchio dei figli.
In bianconero è anche l’incipit del remake prodotto circa vent’anni dopo, quando il sonoro è una realtà già affermata, e per un po’ si ha l’impressione che sia soltanto questa la novità, comunque già di per sé sufficiente ad incastonare il film nell’alveo del musical. Ma presto arriva un ciclone che sradica tutto dal suolo, tutto quello che trova, compresa la fattoria, e soprattutto spazza via improvvisamente il bianconero per precipitare Doroty nel Technicolor più sgargiante e sbalorditivo.
Il mago di Oz (The Wizard of Oz, 1939) di Victor Fleming è un po’ l’apogeo del musical, con la sua esplosione di colori, le canzoni cantate da Judy Garland, la macchina da presa issata sulla gru che compie voli incredibili, piombando sulla strada di mattoni gialli diretta a Munchkin. Tutti elementi che contribuiscono a sovraccaricare la finzione, tanto da infastidire alcuni critici dell’epoca. Così leggiamo su una rivista del 1943:
THE WIZARD OF OZ è il sogno di una fanciulla, una fiaba a colori, una fiaba di grandi pretese con scene di cartone e personaggi in carne e ossa. A motivo di questo non risolto connubio di elementi, difficilmente potrai sentire quei personaggi al loro posto in quell’ambiente, e quell’ambiente atto ad accogliere e far muovere quei personaggi.
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