Il remake cinematografico

La stratificazione del soggetto nel cinema americano

di Antonio Agrestini

E il senso e lo sforzo e i difetti del film sono anzitutto qui, in questo irriducibile disagio provocato dall’accostamento di due mondi antitetici: quello fisico e quello fantastico (57).

Il disagio espresso nell’articolo è indirettamente rivolto al musical in generale, se quella che si condanna è l’iperbole della finzione, la quale costituisce forse la nota dominante di tutto il genere.

Quasi quarant’anni dopo le cose non sono molto cambiate. Stavolta, cioè nel 1979, è Sidney Lumet a riportare la storia del Mago di Oz sul grande schermo: si intitola The Wiz.

Ormai il musical va a braccetto con l’industria discografica: tra i protagonisti spiccano Diana Ross, nei panni di una improbabile ragazzina, e Michael Jackson nel ruolo di spaventapasseri.

Il film arriva in Italia con sei anni di ritardo, con il titolo modificato in I’m magic e ampiamente mutilato di oltre quaranta minuti. Si tratta comunque di una mutilazione indolore, che rientra a pieno nelle mire dei produttori del film, che sono la Universal e la Motown, casa discografica di Diana Ross.

Ecco perciò che il remake di Lumet si pone a metà strada tra le reminescenze del musical vecchia maniera e le spudorate esigenze di promozione del videoclip. Il film viene significativamente distribuito in Italia proprio quando il successo dello “spavantepasseri” Michael Jackson pare aver raggiunto il suo apice; e sarà proprio lui infatti, pochi anni dopo, il protagonista di un ulteriore tentativo di allentare i confini tra cinema e videoclip con Thriller, diretto nei primi anni Ottanta da John Landis.

Tornando all’Oz del 1979, notiamo che anche stavolta si verifica lo iato sproporzionato tra realtà e finzione, giacché Lumet ambienta tutta la vicenda nella New York dei suoi film precedenti e «la fusione tra “il realismo” degli esterni e “l’immaginario” della favola, […] non si concretizza mai» (58).

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Jorge Luis Borges
Jorge Luis Borges
Questo racconto è un altro racconto che sogna di essere se stesso.
Edgar Allan Poe
Edgar Allan Poe
Un finale troppo sobrio. Avrei aggiunto un cadavere.
Charles Baudelaire
Charles Baudelaire
Gradevole, ma manca il marciume.
Italo Svevo
Italo Svevo
Mi ha ricordato qualcosa che stavo per dire in analisi.
James Joyce
James Joyce
Letto. Riletto. Confuso. Bene.