Il remake cinematografico

La stratificazione del soggetto nel cinema americano

di Antonio Agrestini

Tra l’altro Lumet si propone anche di dare un taglio sociologico e politico al film, facendo leva su un cast “all-negro”, con il quale vorrebbe affrontare, sia pur velatamente, il tema scabroso del razzismo.

[Ma] neanche come parabola politica il film ottiene grandi risultati: che i neri trovino dentro di sé i propri valori e la forza per il proprio riscatto non è certo un discorso nuovo. Semmai, il problema è di vedere se è possibile caricare una favola come Il mago di Oz di questi significati. L’equazione che il film sottintende (negri bambini) non ha qualcosa di mieloso, di edulcorato, di lievemente razzista in fondo? […] L’astrattezza – già naturalmente implicita nelle metafore – non è certo un pregio nei messaggi politici che, per di più, di solito mal si conciliano con un genere cinematografico come il musical (59).

E questo è vero soprattutto perché ogni musical è sempre una fiaba, e non è nemmeno il caso di lamentare troppo la mancanza di realismo, perché allora non sarebbe più musical.

Il musical va accettato per quel che è, come vetrina delle performance, come caleidoscopio. Quanti altri generi cinematografici possono vantare un’antologia? That’s Entarteinment, noto in Italia con il titolo (una volta tanto più azzeccato) di C’era una volta Hollywood, raccoglie brani di quasi settanta film-musical della MGM. Niente, più di un’antologia di questo tipo, è in grado di rilevare l’inutilità della trama.

Vettorialità, successione e crescita, che definiscono specificamente lo statuto del racconto, appaiono […] turbati nel “musical” dal ricorso a materiali quali la parola musicale e la danza, che sono insieme elemento determinante della diegesi del film e arresto dell’azione, definendosi spesso rispetto ad essa come parafrasi e come coro. Così l’”eccesso”, che sembra semplicemente essere una delle caratteristiche del “décor” e della messa in scena dei personaggi, finisce col diventare una vera e propria figura linguistica […]. (60)

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Edgar Allan Poe
Edgar Allan Poe
Un finale troppo sobrio. Avrei aggiunto un cadavere.
Marcel Proust
Marcel Proust
Mi ha ricordato qualcosa. Ma non so cosa. O quando.
Charles Baudelaire
Charles Baudelaire
Gradevole, ma manca il marciume.
James Joyce
James Joyce
Letto. Riletto. Confuso. Bene.
Oscar Wilde
Oscar Wilde
Troppo sincero per essere alla moda. E troppo breve per essere noioso.