L'ho notato quando lei faceva scorrere l'indice sul menù. Virginia ha ordinato la pasta al tartufo – doppia porzione – io tagliolini con radicchio e speck di unicorno. Virginia era felice, continuava a dire che sarebbe tornata volentieri, a tratti era di nuovo mora. Stavamo parlando dei viaggi che non avevamo mai fatto, quando una donna ha spalancato la porta del locale ed è entrata gridando: «Vergogna! Vergogna! Tutti complici!»
La donna, di circa sessant'anni, molto magra, teneva in mano un cartello, ma non ha avuto il tempo di sollevarlo: due camerieri l’hanno raggiunta con discrezione e l’hanno accompagnata fuori. Qualcuno ha applaudito. Virginia ha alzato le sopracciglia e ha sussurrato: «Cosa voleva?»
«Non ho capito bene» ho detto. Abbiamo cambiato subito discorso, ricominciando dai ricordi di una lontana estate al mare, quella che ci aveva fatto incontrare. Al termine della cena il cameriere ha portato il conto e si è allontanato. Virginia ha bloccato la mia mano, proprio mentre depositavo la carta di credito sul libretto del conto, ha detto: «No no, faccio io, altrimenti mi offendo!»
Allora abbiamo continuato a parlare fino a tardi, finché il cameriere è tornato a prendere i soldi: «Tutto bene signori? Mi duole avvisarvi che tra poco il locale chiuderà.»
«Ah sì, ha ragione,» ho fatto io indicando Virginia, «stasera paga lei.»
Il cameriere ha guardato Virginia poi ha guardato me e ha detto: «Mi scusi signore, ovviamente, data la natura del nostro ristorante, siamo lieti di assecondare tutte le fantasie dei nostri clienti, ma non possiamo transigere sui pagamenti, che devono essere assolutamente reali. È scritto ovunque, anche lì» ha detto indicando un cartello lontano. Virginia ha sorriso per nascondere l'imbarazzo, ha poggiato la piccola borsa sul tavolo, ha estratto la carta di credito e l'ha depositata sul libretto del conto.
«Vede?» ho detto, «ecco la carta.»
«Non vedo nessuna carta, signore.
