A cena con Virginia

Racconto brevedi Antonio Agrestini

Mio figlio è morto per davvero, con un cibo immaginario nello zaino di cui qualcuno avrà lamentato la mancata consegna. E hanno telefonato quella sera, lo sa? Hanno telefonato per sapere dov'era mio figlio, perché dovevano comunicargli che era licenziato.»

Mi sono seduto accanto alla signora cercando le parole per consolarla. Ho esitato a lungo, ho detto: «Signora, ha già cenato?»

«No, non ho fame» ha detto.

Le ho indicato il fast food dall'altra parte della strada, resta aperto fino a tarda notte, ho detto: «Le farebbe bene mangiare qualcosa. Anche io ho una certa fame. Mi farebbe piacere offrirle qualcosa. Magari parliamo un po'.»

La signora è rimasta qualche minuto a pensarci. Dieci minuti dopo eravamo seduti al tavolo del fast food, unici clienti in tutto il locale. Davanti a noi un vassoio di patatine e due panini con il formaggio. La signora svogliatamente ha messo in bocca qualche patatina. Siamo rimasti a masticare i nostri silenzi a lungo. Ho detto: «Signora, anche io sento spesso la grave mancanza di una persona. A volte fingo di uscire a cena con lei, nel ristorante immaginario.»

«E questo la fa stare meglio?»

«Non lo so. Come coi cibi immaginari, ti resta lo stomaco vuoto.»

La signora ha sorriso e mi ha domandato: «Lei preferisce il ketchup o la maionese?»

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Questa è una storia di fantasia