Racconto breve

Celeste

di Antonio Agrestini

Elena mi osservava, seguiva la mia conversazione, interpretò la mia espressione, il mio silenzio, e comprese tutto, come se riuscisse ad ascoltare l'eco nella mia testa: "cianotica", "non respira", "intubata". Agganciai il telefono, dissi: «L'hanno dovuta intubare di nuovo. Ha un problema al cuore.»

Due minuti dopo eravamo nel traffico. Guidavo nervosamente, in modo pericoloso. Un tizio in motorino, stretto tra il marciapiede e la mia auto, prese a minacciarmi battendo il pugno sul vetro, quello dalla parte di Elena; lei piangendo mi pregò di ignorarlo. Il mio percorso perfetto, in un orario diverso dal solito, si rivelò fallace: trovammo intoppi, deviazioni, il mercato nella piazza, un traffico infinito. L'angoscia non offriva scorciatoie.

Intanto Elena continuava a piangere, mi faceva domande a cui non sapevo rispondere.

«Cosa è successo al suo cuore? Perché l'hanno di nuovo intubata?»

«No lo so Elena, non sono in grado di capirlo.»

«Perchéeeee! Perchéeeee non hai chiesto spiegazioni? Perchéeee?»

Il destino aveva premuto il grilletto sull'incubatrice di Celeste.

 

Il grigiore perlaceo, che sui volti delle dive del cinema muto sembra conciliare l'ineluttabilità della morte e l'apparente eternità della bellezza, si era diffuso sulla pelle di Celeste pronunciando una sentenza inoppugnabile del suo e del nostro destino. I progressi di Celeste, anelati e conquistati con fatica, giorno dopo giorno, si erano dissolti. Tutto d'accapo, tutto più complicato. Gli sportelli laterali dell'incubatrice erano sollevati, forse per lasciare ai medici maggiore facilità negli interventi. A tenere in vita Celeste era una gigante piovra tecnologica che la avvinghiava in tentacoli di gomma e le affondava tubi nel corpo e aghi nelle vene. Una piovra buona, nonostante l'aspetto. Elena mi domandava, osservando preoccupata i monitor che si affacciavano sull'incubatrice di Celeste, cosa significassero quei segni luminosi e oscillanti.

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Questa è una storia di fantasia
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James Joyce
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Letto. Riletto. Confuso. Bene.
Charles Baudelaire
Charles Baudelaire
Gradevole, ma manca il marciume.
Jorge Luis Borges
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Questo racconto è un altro racconto che sogna di essere se stesso.
Oscar Wilde
Oscar Wilde
Troppo sincero per essere alla moda. E troppo breve per essere noioso.
Marcel Proust
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Mi ha ricordato qualcosa. Ma non so cosa. O quando.