Racconto breve

Celeste

di Antonio Agrestini

Non avevamo più il tempo.

Elena si era rifugiata in fondo al corridoio, con la rassegnazione umile di un cane ferito. L'abbracciai forte e la pregai di rientrare. Dovevamo carezzare e baciare Celeste per l'ultima volta. Lei si divincolò ripetutamente, ma poi si lasciò trascinare dal mio abbraccio. Tornammo dentro la sala delle incubatrici. Celeste era finalmente libera dai tubi e dalle flebo che avevano tentato, forse con troppa prepotenza, di legarla alla vita. L'infermiera adagiò il corpo di Celeste tra le braccia di Elena e lei la cullò, le sussurrò nell'orecchio una ninna nanna atavica, fatta di sussurri, lamenti e silenzi; tutte le madri la conoscono senza saperlo fino al giorno in cui il cuore gli cade al suolo spaccandosi come una dura melagrana che perde nella terra i propri semi insanguinati.

Uno dei medici si avvicinò a me parlando a bassa voce: «Mi rendo conto che il momento non è adatto, ma vi consiglierei di autorizzarci ad eseguire l'autopsia. Sarebbe importante.»

«Ne vorrei parlare con mia moglie» risposi. «Avrei bisogno di pensarci.»

«Capisco, ci pensi. Però secondo me è importante.»

Non riuscivo a sopportare l'idea che un bisturi si intromettesse nei nostri sentimenti.

 

Telefonai a mia madre, la informai e non ebbe nemmeno più la voce per confermarmi di aver compreso bene. Si incaricò di avvisare tutti i parenti. Era ormai notte, forse in tutto il mondo, forse per sempre. Trascinai Elena, che era caduta nel mutismo più totale e che a stento riusciva a camminare, fino alla macchina. Non so neppure come riuscii a guidare fino a casa.

La notizia si era diffusa rapidamente tra i parenti, li trovammo tutti a casa ad aspettarci. Ci fecero compagnia fino a tardi. Il lutto, soprattutto durante i primi giorni, ci abbandonò in alto mare e per galleggiare dovevamo necessariamente trovare un appoggio, perché non avevamo più forza nelle braccia e nelle gambe, ed era forte la tentazione di lasciarci andare a fondo.

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Questa è una storia di fantasia
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Edgar Allan Poe
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Un finale troppo sobrio. Avrei aggiunto un cadavere.
Oscar Wilde
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Troppo sincero per essere alla moda. E troppo breve per essere noioso.
Jorge Luis Borges
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Questo racconto è un altro racconto che sogna di essere se stesso.
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Letto. Riletto. Confuso. Bene.
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Mi ha ricordato qualcosa. Ma non so cosa. O quando.