In genere restavo a battere la punta del piede poggiato a qualche scaffale, mentre lei passava in rassegna abiti, borse e scarpe, che poi comunque non acquistava mai. Il fatto di andare via ogni volta a mani vuote mi faceva apparire quelle ore trascorse nei centri commerciali ancora più insignificanti e avvilenti.
Dovendo girare quotidianamente per questioni professionali, non riuscivo più a sopportare tanti spostamenti. Non chiedevo molto: desideravo solo una domenica, una ogni tanto, da destinare esclusivamente al puro riposo, per starmene sdraiato sul divano tutto il giorno a vedere film e programmi musicali. Chiedevo una domenica così, magari una ogni tre o quattro mesi. Elena invece non digeriva questa mia esigenza. Del resto, proprio mentre io ero fuori per lavoro, lei passava giornate intere tra quattro mura e in completa solitudine, quindi aveva il pallino di uscire, di andare in giro, come se il tempo trascorso in casa non fosse vita. Le discussioni si fecero sempre più aspre, finché un giorno non decise di andare da sola all'incontro con il gruppo di auto-mutuo aiuto. E lo decise senza dirmi nulla. Sentii solo un borbottare, a cui ormai non facevo nemmeno più tanto caso, poi la porta sbattere. Poco dopo, affacciandomi dalla finestra del salone, vidi la nostra auto uscire dal parcheggio e avviarsi sulla strada principale, impigliando e trascinando dietro di sé l'invisibile filo dell'abito delle mie certezze, che si sfilacciò chilometro dopo chilometro, minuto dopo minuto lasciandomi nella fredda nudità di una tardiva consapevolezza.




